Covers. Quelle adulterate |
L'elenco delle cover Il fenomeno delle cover Il Piper Club Bandiera gialla I complessi beat La canzoni di protesta I testi |
Versione italiana |
Versione originale |
Adriano Celentano |
Ben E. King |
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Antoine |
Antoine |
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Danny Lorin |
Beatles (e le altre cover) |
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David Bowie |
David Bowie |
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Dino |
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Equipe 84 |
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Equipe 84 |
Bee Gees |
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Flora, fauna e cemento |
Andrew Lloyd-Webber |
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Gian Pieretti, Antoine |
Bob Dylan |
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Gianni Pettenati |
Crispian St. Peters |
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Jimmy Fontana |
Tom Jones |
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Johnny Dorelli |
Frank Sinatra |
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Mina |
Carole King |
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Motowns |
David & Jonathan |
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Nomadi |
Sonny Bono |
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Nomadi |
Moody Blues |
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Nuovi angeli |
Beatles |
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Ornella Vanoni |
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Pino Masi |
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Riki Maiocchi, Los Marcellos Ferial e altri |
The Animals e altri |
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Rita Pavone |
Pete Seeger-Weavers |
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Rokes |
Bob Lind |
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Sandy Shaw, Mary Hopkin e altri |
Mary Hopkin |
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Pregherò
è un classico esempio di traduzione reinventata completamente, più che
"adulterata". La storia è stata raccontata da Don
Backy, autore della traduzione ed all'epoca membro del Clan
di Celentano, in un fumetto autobiografico scritto anni fa e pubblicato sulla
rivista di fumetti rivale di "Linus",
cioè "Eureka", e poi nel libro
“C’era una volta il Clan”. |
"Che colpa abbiamo noi" è un altro caso emblematico, si tratta della canzone che ha portato al grande pubblico il movimento beat in Italia, la canzone simbolo del fenomeno di costume dei capelloni, quella protesta vaga e indistinta che sarebbe sfociata poi nei multiformi movimenti del '68. La canzone, già un successo nel Cantagiro del 1966, divenne nota al pubblico di massa grazie ad una storica apparizione dei Rokes, nell'autunno 1966, a "Studio 1", la trasmissione del sabato sera della RAI dell'epoca, presentatore Lelio Luttazzi, che introduceva per la prima volta, e con cautela, il mondo dei "giovani" nel salotto buono della TV. Il brano originale era in realtà il lato B del primo grande successo, The Elusive Butterfly Love, di un cantante americano, Bob Lind, in qualche modo inserito nel fenomeno beatnik e hippy. Ovviamente la canzone originale parlava di una certa Cheryl che tornava a casa abbandonando il protagonista, e del dolore di quest’ultimo, e non ambiva ad essere una specie di inno generazionale, come l'ha poi fatta diventare Mogol. (Vedi il testo originale e italiano a confronto) |
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La tua immagine |
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Un caso di via
comoda per il successo è rappresentato dalla versione proposta in Italia
da Dino, il cantante dei Kings poi
avviatosi ad una carriera solistica, partendo del famoso brano di Paul
Simon, cantato in origine ovviamente in duo con Art Garfunkel, The
Sound Of Silence, uno splendido brano che raggiunse fama
mondiale con la colonna sonora del film simbolo del 1968, "Il
laureato" con Dustin Hoffman,
dove, in particolare, era la canzone dei titoli di testa. |
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L'ora del fucile |
Eve
Of Destruction di Barry
McGuire, una canzone composta da P.F.
Sloan, è stata invece la base
musicale per una canzone politica, L'ora
del fucile, pezzo forte di un cantautore politico, Pino
Masi, niente meno che il cantautore ufficiale del gruppo
politico extra-parlamentare Lotta Continua
(si, c'era anche la figura di cantautore ufficiale), poi attivo nel
circuito folk ed in seguito entrato a far
parte per qualche anno del gruppo teatrale di Dario
Fo. |
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"The
Eastern world, it is explodin' |
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Superstar |
Il caso più
curioso in assoluto è rappresentato dalla mitica traduzione del pezzo
trainante del musical di Andrew Lloyd-Webber e Tim Rice, Jesus
Christ Superstar, pubblicata nei primi anni '70 da un complesso della
scuderia Battisti (la casa discografica Numero Uno, alla quale facevano capo anche
i Formula 3), i "Flora,
Fauna e Cemento", con i quali ha fatto i primi passi musicali anche
Gianna Nannini (ma non con questo pezzo),
il loro successo più ricordato era stato "Mondo blu", ma di loro si ricorda
anche questa
incredibile cosa. |
"Lei non c'è, lei
non c'è |
Il musical di cui questa canzone era il brano portante non era in realtà così conosciuto in Italia all'epoca della pubblicazione di questo singolo, e quindi non erano molti i ragazzi italiani che potevano cogliere l'anomalia della versione italiana. Ma gli altri si chiedevano se gli autori avevano fatto francese a scuola, o se proprio non gliene importava niente, oppure se avevano scritto questa traduzione vagamente blasfema come provocazione post-sessantottesca. Il testo italiano, come si è appurato in seguito, è stato scritto proprio da Herbert Pagani, quindi dobbiamo propendere con la ipotesi della blanda provocazione. Bisogna dire che comunque questo pezzo era abbastanza noto, e anche trasmesso con una certa frequenza per radio, lo ricordo ad esempio ad "Alto gradimento". |
Ho difeso il mio amore |
Anche in Ho difeso il mio amore, grande successo dei Nomadi (3), la traduzione italiana, di Pace (quello del noto trio Pace-Panzieri-Pilat), prende ben poco dal testo originale, ed inventa una vicenda drammatica e anche discutibile, per quello che si capisce, di un uomo geloso, tradito dalla ragazza, ingannata da un seduttore subdolo, che risolve la questione con un omicidio-suicidio "per difendere il suo amore"; sulla sua tomba il narratore (un romantico visitatore di cimiteri? un amico dell'amante tradito?) sembra ascoltare una tardiva richiesta di perdono (testo italiano). Un pezzo molto suggestivo e anche cantato con classe e tono epico dal grande Augusto Daolio, e un buon successo nel 1968 per il gruppo emiliano (n.18 in hit-parade), ma certo un po' lontano dai temi dei Nomadi di qualche anno prima (o di qualche anno dopo) come quelli cantati in "Dio è morto" o "Noi non ci saremo". "Nights
in white satin |
Bandiera gialla |
Non era in realtà la
sigla né la canzone-inno della famosa trasmissione
radiofonica, che era invece un R&B americano nella versione di Rocky
Roberts (T Bird). Era invece un tentativo successivo di
mettere il cappello su questo grande successo in radio con un pezzo scritto ad
hoc, trainato dalla trasmissione stessa, ed affidato ad un nuovo cantante, il
simpatico "scucchione" Gianni Pettenati,
poi interprete di altre canzoni "giovanilistiche" in quella breve
stagione di fine anni '60. Curiosamente come base musicale per il pezzo venne
preso un brano di successo nel Regno Unito un anno prima, The
Pied Piper, che aveva anche dato il nome al più famoso locale
"beat" di quegli anni, cioè appunto il
Piper
di Roma, e anche indirettamente avviato la carriera della "ragazza del
Piper", alias Nicoletta Strambelli, alias Patty
Pravo (il primo disco della quale, Ragazzo
triste, aveva nella facciata B proprio una cover, però in inglese,
di Pied Piper). "Ehi, questa sera è festa grande Il brano venne ovviamente presentato a Bandiera gialla e diventò disco giallo (Vedi la scaletta del 8 ottobre 1966) |
Immagina che |
Ebbene sì, anche la
grande cantante Ornella Vanoni (come pure Mina,
vedi dopo) ha interpretato una traduzione di fantasia, per giunta di un super
classico, la canzone del secolo XX, secondo più o meno tutte le classifiche e i
sondaggi fatti nel 1999, vale a dire Imagine
di John Lennon. L’album era “Un gioco senza età” del 1972 e la
spericolata versione italiana era di Piccaredda e Paolo Limiti (proprio lui, il
noto presentatore specializzato in programmi-nostalgia, in precedenza apprezzato
paroliere). “Immagina
se non esistessero le nazioni … Tenendo conto,
soprattutto, che Papa Woytila conosceva perfettamente l’inglese! |
Io ti amavo quando |
Anche Mina ha cantato
una versione di fantasia di un altro classico notissimo della canzone
americana, vale a dire “You’ve
Got A Friend” di Carole King. La versione di Mina
(Io ti amavo
quando), dovuta alla penna di non so quale autore, non aveva
brutte parole, era un ritratto di uomo fuori dagli schemi, erede di “una
stirpe pazza di eroi” solo che non c’entra veramente nulla con l’originale,
non c’è traccia della promessa di correre in qualsiasi stagione dell’anno
“Winter, spring, summer and fall” al richiamo dell’amore. |
Datemi un martello |
Prima del beat, prima delle canzoni di protesta, era arrivato il grande cantante e autore americano Pete Seeger che, oltre ad aver inventato il folk per le masse con i suoi Weavers, era anche riuscito a portare al successo internazionale una proto-canzone di protesta, la notissima If I Had A Hammer, grazie anche alla successiva versione del noto trio folk Peter, Paul & Mary. Naturalmente qualcuno ha pensato di farne una versione italiana ed affidarla ad una delle più note cantanti di quegli anni (inizio anni ’60), cioè Rita Pavone, che aveva anch'essa allora una immagine di ragazza “ribelle” e di cantante “per giovani”. |
Il testo è somigliante, nello spunto, all'originale americano, ma cambiano radicalmente gli obiettivi: dal mondo che non va, e bisogna aggiustare a martellate, passiamo a problemi molto più circoscritti e precisi: |
“Datemi
un martello – che cosa ne vuoi fare e poi si giunge a
qualcosa di ancora più mirato, a puntare il martello alla testa “di quella
smorfiosa” che gli ha sottratto il moroso. |
La felicità |
Ancora
un esempio di traduzione volutamente travisata, sempre negli anni d'oro
delle cover: una canzone destinata ad essere un lato B del primo grande
successo del cantautore francese Antoine,
famoso anche per essere stato l'"inventore" delle camicie a
fiori per uomini. Antoine all'inizio era stato un cantante quasi di
protesta, negli anni del beat, '66, '67, prima di essere omologato dal
sistema discografico italiano come cantante bizzarro e spiritoso, fino ai
vertici di “Ti chiamerò Cannella” e “Lei ha una voglia di fragola”,
e poi al progressivo e veloce oblio, mitigato dal suo nuovo lavoro di
organizzatore turistico nelle isole dei Mari del Sud. |
"Pourquoi ces canons" era il lato B di Elucubrations e venne usata anche per il lato B del primo successo italiano del cantante, Pietre. Antoine infatti dopo il grande riscontro internazionale era stato condotto verso il ricco mercato italiano e presentato, come si usava, come ospite straniero al Festival di San Remo. Il Festival in questione era il famoso n.17 del 1967, quello nel quale Luigi Tenco si sparò per la frustrazione di non riuscire a ottenere il successo che riteneva di meritare, mentre in finale andavano La rivoluzione di Gianni Pettenati, Io tu e le rose della malcapitata “cueriaghina” Orietta Berti (citata a futura e imperitura memoria nella lettera di addio di Tenco) e, appunto, Pietre. Antoine era in coppia con un produttore ed autore, Gian Pieretti, che tentò proprio in quella occasione, con qualche successo, il lancio in grande stile, prendendo come base una canzone di Bob Dylan dell’anno prima, Rainy Day Women 12 & 35, dalla quale riprese il testo e lo schema del pezzo. |
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Nel lato B, visto che bisognava metterci qualcosa, inserirono Pourquoi, ribattezzata "La Felicità", e ampiamente travisata. La forma canzone era la stessa, a domanda e risposta, ispirata quindi alla tradizione popolare e in particolare al celeberrimo brano di Pete Seeger dal titolo evocativo Where Have All The Flowers Gone?, in questo caso diventa un dialogo tra padre e figlio, ma stavolta su temi generali ed innocui, a differenza del modello francese, che usava parole sconvenienti come "cannoni" o, peggio, "fabbriche". Il particolare curioso è che il cantante (e autore) era il medesimo, e che l'autore del testo italiano era Herbert Pagani, il futuro cantante e paroliere franco-italiano che avrebbe scritto e interpretato tante canzoni incentrate su un suo particolare ideale di ottimismo e pensiero positivo, prima della prematura scomparsa per leucemia intorno ai 40 anni, e parliamo di "Albergo a ore" , "Teorema" (...fuori dal letto, nessuna pietà), "Cento scalini", "Cin Cin con gli occhiali”.
Pourquoi ces canons diceva: La versione italiana, La felicità, pubblicata come lato B di Pietre, era diventata: “Dimmi babbo che cos'è la felicità? Figlio mio è un frutto che mangi solo in libertà. Dimmi babbo dove sta questa libertà? Sta di casa in un paese che si chiama verità. Dimmi babbo alla mia età posso andarci anch'io? Se ti porti la bontà per bagaglio, figlio mio. Dimmi babbo la bontà quanto peserà? Pesa quanto il mondo ma, da' coraggio a chi ce l'ha. Ma il coraggio a che servirà? Lo vedrai lungo il cammino verso la felicità.” |
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Come potete giudicar |
Anche i Nomadi, per la canzone che li ha proiettati nel mondo della musica, Come potete giudicar, presentata al mitico Cantagiro del 1966, quello nel quale venne lanciato anche in Italia il fenomeno dei “capelloni”, individuarono un successo americano, The Revolution Kind (Il tipo rivoluzionario), del primo periodo di Sonny Bono, quando Sonny non si era ancora unito con Cher e faceva canzoni vagamente di protesta, alla Bob Dylan. Il testo originale è stato ignorato, più che travisato, perché effettivamente anche quella di Sonny Bono era una canzone “di protesta”, e non per esempio una canzone d’amore come la versione originale di “Che colpa abbiamo noi”. Naturalmente nessun accenno nella canzone americana ai capelli lunghi (una ossessione, all’epoca, tipicamente italiana) e nessuna propensione all’inno generazionale. (Testo italiano). Il pezzo funzionò e i Nomadi si accreditarono come il più deciso tra i nuovi gruppi italiani, con l’aiuto di Guccini e delle canzoni scritte per loro (prime fra tutte “Dio è morto” e “Noi non ci saremo”) iniziarono così la loro mitica carriera, che dura tuttora, ad oltre quarant'anni anni di distanza da questo primo ingenuo brano. “…But
a man's got a right to talk about what's on his mind (Ma
un uomo ha il diritto di esprimere quello che ha in mente |
Il
brano portato con successo al famoso Festival di San Remo del 1967 da Antoine
e Gian Pieretti, autore lo stesso
Pieretti con l’ubiquo Ricky Gianco,
è un caso molto particolare di traduzione adulterata, nel senso che qui
il processo è al contrario, il testo è fedele all'originale, ma la
canzone dovrebbe essere diversa, essendo proposta ad un festival
della canzone italiana. |
In
questo brano Bob Dylan, ricorrendo alla stessa metafora delle pietre tirate in
testa indiscriminatamente, biasimava le critiche ricevute per la sua svolta
country e rock dell’anno prima ancora, che aveva tradito, secondo molti, la
purezza ed il rigore della sua ispirazione folk (e politica) e lo stava portando
verso sbocchi commerciali (Bob Dylan si è venduto al sistema, si diceva). E' possibile anche leggere in merito la posizione di Gian Pieretti, in una intervista di qualche anno fa. |
Uno
degli ultimi grandi successi del numero uno tra i complessi italiani dell'era
beat, la Equipe 84.
Come molte altre canzoni del gruppo di Modena si trattava di una cover di una
canzone straniera, in questo caso dei Bee Gees,
il notissimo gruppo australiano dei fratelli Gibb, all'epoca degno continuatore
dei Beatles per la facilità e leggerezza di scrittura. Si trattava in
particolare di un brano di ispirazione "country" contenuto
nell'ambizioso ed ottimo disco doppio del 1969, Odessa. |
Solo più che mai (Strangers In The Night) |
L'importanza di una "s".
Il titolo della canzone originale di Kaempfert, Singleton, Snyder, massimo
successo mondiale del crooner per eccellenza, il grande
Frank Sinatra, era
Strangers In The Night,
al plurale, eppure in rete si possono trovare molti riferimenti (errati) dove il
titolo diventa "Stranger In The Night". Fa una bella differenza essere in due,
lui e lei, nella notte (fatta per amare, per definizione) piuttosto che da soli.
Eppure la versione italiana, affidata al nostro aspirante crooner Johnny Dorelli, sembra ispirata curiosamente a questa versione fantasma, piuttosto che all'originale. Infatti il titolo diventa Solo più che mai e parla di un uomo abbandonato e disperato che si aggira nella città deserta. Completamente travisato il testo originale dove lui e lei, unità elementare e autosufficiente, si innamorano e sfidano assieme la notte e la città, stranieri perché appartenenti ad un altro mondo, il mondo di chi vive l'amore.
Strangers in the night exchanging glances Una bellissima canzone, giustamente famosa, interpretata in modo memorabile da Frank Sinatra. Non è un caso che, proprio a causa del testo italiano triste, più che malinconico, la versione di Dorelli non appaia molto efficace, e suoni un po' lagnosa. Rimane come sempre un mistero la scelta dei traduttori italiani.
Solo più che mai |
La cover italiana del grande successo internazionale di Tom Jones, in originale Delilah, è stata proposta con grande successo nel 1968 (lo stesso anno dell'originale) da Jimmy Fontana, e anche da altri, tra cui i Ribelli. Il testo, più che stravolgere l'originale, è proprio l'opposto. Qui si parla di due innamorati felici che si apprestano a vivere il loro amore in stile "due cuori e una capanna", con un testo che ricorda abbastanza "Pupo biondo" di Claudio Villa "Noi c'avremo una casetta, coi gerani e le pansè, tu sarai la reginetta, io mi impegno a far da re...". Solo che la storia originale era un po' diversa, e parlava di una donna che il suo uomo non lo trattava proprio per il meglio, non a caso si chiamava Delilah. L'originale era un testo drammatico di amore e morte, ancora una volta Delilah (Dalila, il mitico personaggio della Bibbia) porta alla perdizione il suo Sansone sconvolgendolo coi sensi e poi tradendolo. Ed effettivamente l'ex minatore, forzuto e indistruttibile Tom Jones (l'abbiamo visto ancora in gran forma nel 1996 in Mars Attacks! di Tim Burton e sempre negli anni '90 ancora al successo con Sex Bomb, e Delilah è del 1968 ...) è un Sansone credibile, e la musica drammatica e spagnoleggiante sottolinea efficacemente una vicenda d'amore e morte. |
Come
sarà venuto in mente a qualcuno in Italia di tradurre questa canzone con un
titolo come La nostra favola
e trasformarla in una vicenda di amore felice ed eterno tra due
sotto-proletari? Sarà stata la solita censura, volevano evitare ai sensibili
ragazzi e consumatori di musica italiani una vicenda troppo cruda? Ma no ...
eravamo ormai nel 1968, di storie d'amore e di morte ce ne erano state a iosa,
ad esempio Ho difeso il mio amore
dei Nomadi, dello stesso anno. |
In
questo caso il "misfatto" è stato compiuto con la complicità, anzi
con l'attiva partecipazione dello stesso Duca Bianco della musica inglese.
Infatti è stato David Bowie o il suo
entourage a decidere nel 1969 di tentare un ingresso nel ricco mercato italiano
dei singoli a 45 giri, con un pezzo in lingua italiana. Il brano scelto è
stato, come naturale, il più grande successo dell'epoca del cantante e
musicista inglese, Space Oddity, un brano
bellissimo nella musica ed originale nel testo, che echeggiava sin dal titolo il
grande interesse per lo spazio e la fantascienza rilanciato in quegli anni,
oltre che dalle imprese spaziali, dal
capolavoro del cinema di fantascienza
2001: A Space Odissey di Stanley Kubrick.
Non a caso infatti il titolo originale allude a Space Odissey (Odissea nello
spazio) proponendo in alternativa una "Space Oddity" (stranezza nello
spazio, inconveniente nello spazio, bizzarria nello spazio). Testo inglese con traduzione (Space Oddity) / Testo italiano (Ragazzo solo, ragazza sola) |
Si contano numerose versioni italiane del grande successo di Eric Burdon con gli Animals, un gruppo blues inglese che aveva recuperato questo bellissimo brano tradizionale, riscoperto negli anni pionieristici del folk (anni '40) da Pete Seeger, Woody Guthrie e molti altri. Oltre a Riki Maiocchi (vedi nel seguito) la incisero Luigi Chiocca, Los Marcellos Ferial, Guidone, i Cousins, Fausto Billi e Janeth Smith. Il maggiore successo lo ebbe all'epoca la versione dei Los Marcellos Ferial, presentata alla popolare manifestazione estiva, il Cantagiro, nella edizione del 1965. La prima versione italiana era stata presentata da Riki Maiocchi con il titolo Non dite a mia madre; non era una traduzione del testo originale e della "casa del sole" non parlava proprio, puntava solo sull'epilogo con il galeotto che rimpiangeva la sua sorte, in più, ci metteva anche la mamma del galeotto stesso (leggi il testo). |
Nonostante questa prudente elusione di ogni riferimento alle case di tolleranza la canzone non venne accettata dalla commissione di ascolto della RAI, probabilmente perché accennava ad una condanna a morte. Rinunciare alla copertura radio-televisiva era evidentemente inconcepibile per la casa discografica, che passò immediatamente ad una seconda versione (autori Mogol e Pallavicini), nella quale veniva opportunamente recuperato il titolo (quasi tutto), molto poetico ed evocativo, e null'altro della versione originale. Da aggiungere che una cantante specializzata nel circuito folk (della quale non siamo riusciti a recuperare il nome), ne presento però a fine anni '60 una versione fedele, quasi letterale ("mio padre era un giocatore d'azzardo") che veniva trasmessa al programma radiofonico del pomeriggio "Per voi giovani", in un clima evidentemente e rapidamente mutato. Da notare la differenza nei costumi e nella sensibilità con il mondo anglosassone, dove la versione degli Animals circolava tranquillamente senza censura alcuna. Anzi, veniva probabilmente percepita come una canzone a sfondo moralistico. Vedi
anche: le numerose cover in
inglese del grande classico. |
Il più grande successo dei Motowns, un gruppo inglese arrivato in Italia nel periodo d'oro del beat (1965-1966) come molti altri complessi stranieri, era un cover, piuttosto modificata nel senso delle parole, del grande successo internazionale del 1966 di David & Jonathan, che aveva come titolo originale Lovers Of The World Unite ("innamorati di tutto il mondo, unitevi"). Il titolo originale alludeva scherzosamente alla esortazione posta da Marx ed Engels alla fine del Manifesto del partito comunista del 1848 ("lavoratori di tutto il mondo, unitevi", in inglese ''Working men of all countries unite!"). In Italia era allora attivo un forte partito comunista, per il quale votava quasi un elettore su tre, e quindi i parolieri e i discografici trovarono più prudente eliminare ogni accenno, che poteva suonare offensivo agli uni o propagandistico agli altri. In Gran Bretagna evidentemente questo era un problema ampiamente superato, e si poteva giocare con le parole ipotizzando la nascita di una nuova classe sociale, gli innamorati. Quindi, curiosamente, il testo è diventato una canzone di protesta, echeggiante giovani giramondo con la chitarra che cantano la pace e la libertà, probabilmente considerati più facili da maneggiare dei lavoratori di cui sopra. Da notare che invece gli
interpreti originali, David & Jonathan
(veri nomi Roger Greenaway e Roger Cook, un duo inglese prodotto da George
Martin, presentarono anche loro una versione in italiano, ma più fedele nel
titolo al loro originale, intitolata "Innamorati
unitevi", ma comunque anche questa totalmente edulcorata rispetto all'originale. |
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Il secondo singolo dell'Equipe 84 dopo il discreto successo del primo, con Papà e Mammà e Quel che ti ho dato conteneva questa canzone dal testo incomprensibile se preso alla lettera. Ci sarebbe da pensare che l'autore del testo in italiano, Pantros, pseudonimo di un noto paroliere che collaborava con la casa discografica dei quattro nel primo periodo, la Vedette, e che allora (nel 1965) aveva 45 anni, doveva essere in un momento di depressione per venirgli in mente un testo vagamente jettatorio, dove non si capisce bene se "la fine del libro" stia per arrivare per l'amore tra i due o proprio per la ex amata. O sia addirittura un "auguirio" lanciato dal protagonista. Altre interpretazioni sono le benvenute. |
Ciao Certo l'idea non gli è venuta dall'originale. Che era uno dei pezzi forti dei Rolling Stones dei primi anni (è del 1964 ed era eseguita spesso nei concerti, si possono trovare e rivedere su YouTube). Non era un brano composto da Jagger e Richards ma da Norman Meade e parlava di una vicenda praticamente opposta, nella quale lei se ne va e lui le dice che "il tempo è dalla sua parte" e lei "tornerà correndo" da lui. Ma le augura anche, molto modernamente, di fare esperienze e conoscere altre cose in questa fase che lui si augura sia transitoria.
Oh, Time is on my side, yes it is Ma di una canzone spesso si ricorda e si nota soprattutto il titolo, che in questo caso suona quasi come uno slogan, e uno slogan particolarmente in linea con quegli anni straordinari, nei quali il mondo sembrava appartenere ai giovani, e Mick Jagger come un portabandiera del nuovo ordine delle cose urlava nei concerti ai ragazzi entusiasti "il tempo è dalla mia parte" intendendo "il tempo è dalla nostra parte" (lui aveva 21 anni allora) e aggiungendo con ancora maggior convinzione "forza, forza, accendi tutta la città, e fai tutto ciò che il tuo cuore desidera". Un vero inno generazionale. Ad anni luce di distanza la versione italiana. Che difatti non ha lasciato il segno, e il singolo è stato salvato dal retro, la minimale ma più efficace Cominciamo a suonare le chitarre. Cover adulterata anche quella (come peraltro Quel che ti ho dato, il singolo precedente) ma più comprensibile nelle sue due o tre strofe. |
Questa cover, non molto conosciuta all'epoca, ma neanche rarissima (vendevano addirittura lo spartito, vedi l'immagine a lato) la inseriamo come esempio della noncuranza con la quale i parolieri italiani hanno affrontato le versioni italiane delle canzoni dei Beatles. L'elenco completo si può consultare in questa pagina; come si può vedere un gran numero dei brani più celebri del più celebre tra i gruppi musicali hanno avuto una versione in italiano. Tutte molto modeste, tradivano quasi sempre i testi originali, che invece avevano sempre qualche motivo di interesse, come sappiamo, e nella maggior parte mostravano chiaramente che i parolieri il testo originale non si erano dati neanche pena di leggerlo o farselo tradurre. In un paio di casi (Please Please Me, Paperback Writer) lo ammettono pure nel testo stesso. Non erano parolieri sprovveduti, Daniele Panzuti, Giorgio Calabrese, Vito Pallavicini, facevano un lavoro evidentemente di routine. A loro discolpa c'è che mai avrebbero pensato che quelle che consideravano canzoncine beat come tante altre sarebbero poi state celebrate, studiate, riverite (forse anche esageratamente). Questa che prendiamo ad esempio, e che non si pone neanche lontanamente il problema di rendere qualcosa dell'originale, o almeno di leggerlo, era del paroliere molto attivo Danpa (Daniele Panzuti). Già dai primi due versi a confronto si può comprendere la distanza tra la Gran Bretagna e l'Italia negli anni '60, i motivi all'origine della "beatlemania" in tutto il mondo che parlava inglese e i motivi per cui i ragazzi italiani preferivano i Rolling Stones.
She was
just seventeen In due sole brevi frasi Paul McCartney aveva già detto tutto ciò che i ragazzi, maschi e femmine, volevano sentire in una canzone dei tempi nuovi che stavano vivendo. I ragazzi visualizzano l'immagine di una ragazza di cui innamorarsi, giovanissima ma già "su piazza" e le ragazze si identificano in lei e nella sua capacità di sedurre. Poi si aggiunge l'efficace giro di basso dello stesso Macca e il ritmo incalzante e si comprendono le grida entusiaste delle fan adolescenti nei primi concerti dei quattro, dove questo, dall'album Please Please Me, era uno dei brani più trascinanti. Ma in italiano diventa:
Gelosa sei, gelosa sei
di me,
lo so Come poteva, un povero adolescente italiano, immedesimarsi o almeno trovare interesse per una situazione presentata così? La ragazza è descritta come una mezza matta gelosissima, ma facoltosa, che è in grado a quanto pare di ingaggiare anche Tom Ponzi (l'investigatore privato più famoso al tempo) per controllare il fidanzato, mentre lui è un povero sfortunato che chissà perché la deve sopportare, ma chiaramente preferirebbe stare con gli amici maschi. Un paio di anni dopo, però, lo stesso Danpa ci torna su con un altro testo diverso per i Kings, che avevano ancora Dino alla voce.
Ma che cos'ha più di
me Ancora peggio, i ragazzi dovrebbero immedesimarsi nello sfigato di turno, mollato dalla fidanzata (ma ci sono moltissime canzoni su questo tema, era una fissa dei parolieri italiani, vai a sapere perché) e che per reazione definisce stupido quello che invece sta con lei (ma lei non la pensa così). E anche le ragazze difficilmente potevano apprezzare la classica situazione dell'ex appiccicoso, che non si arrende. Distanza siderale dall'Inghilterra e dalla swinging London, almeno nei testi delle canzoni. In questa come in molti altri maldestri tentativi (Drive My Car, Nowhere Man, Girl, Michelle, ...). Tentativi però in parte scusati dal fatto che a metà degli anni '60 o poco più nell'Italia provincia del mondo pochi pensavano che i Beatles fossero qualcosa di più della moda del momento. Nessuno o quasi immaginava che raggiungessero con tempo una quasi esagerata sacralità musicale. Ma nel 1969 qualche attenzione si poteva anche avere. Ma, nulla da fare, come dimostra l'esempio successivo. |
(dalla
nostra
pagina
Facebook): «Luglio del 1969, un ex ragazzo di 27 anni è
impegnato con tre amici di vecchia data nel compito più difficile a cui
mai si è trovato davanti. Pochi mesi prima i contrasti sulla gestione
della loro comune attività sono arrivati al culmine, quasi alla rottura,
ed è veramente un peccato, perché la loro creatività, ma soprattutto la
sua, non sono mai arrivate così in alto. Ci sono tante idee da
realizzare e l'accordo comunque si fa, ed iniziano le registrazioni.
Sarà l'ultima volta, o si ricomporranno ancora e si ritroverà una nuova
sintesi, e ne usciranno altri capolavori e miniere di idee come l'anno
prima? Oppure la storia iniziata per ostinazione ma anche per caso sette
anni prima, in quel gelido
Capodanno del 1962 sta veramente per finire? E lui dovrà ora
intraprendere una nuova strada da solo, senza i suoi amici, non più "With
a Little Help Of my Friends"? Inoltre, è mai possibile che tutto
ricada sulle sue spalle, che debba trascinare gli altri, e soprattutto
lui, il suo grande amico, quello assieme a cui ha creato il primo nucleo
del gruppo, quando lui aveva 16 anni e l'altro 18, e lui suonava ancora
la chitarra? Sembra che ora debba scrivere quasi tutto da solo, ma per
fortuna, mai come ora gli viene così facile. |
Ci sono anche casi, come questo, in cui il testo italiano non è affatto male, funziona, si adatta alla musica, non è neanche diversissimo dall'originale, ma in pratica lo tradisce completamente. Qui contano due elementi: l'ambiguità della parole "friend", che non ha genere, e la predilezione dei produttori e quindi dei parolieri italiani per canzoni che parlassero sempre e comunque di una storia a due, con un lui e una lei, e possibilmente senza lieto fine. Quindi la canzone che in Italia conosciamo come "Quelli eran giorni" nella interpretazione di Sandy Shaw, Gigliola Cinquetti, Orietta Berti, della interprete originale Mary Hopkin nella nostra lingua e di molte altre cantanti italiane proprio alla fine degli anni '60, parla con molta nostalgia e rimpianto di una storia d'amore di un tempo lontano, e parla quindi della malinconia invincibile per la giovinezza e per gli anni felici. Con un finale poetico, il rimpianto a distanza di anni è per entrambi i protagonisti di quei giorni irripetibili, giorni rimasti per sempre nella memoria. |
Quelli erano giorni Oggi son tornata in quella strada Quelli eran giorni |
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Solo che la canzone originale, scritta su una musica popolare russa dal folksinger Gene Ruskin, scoperta da Paul McCartney (ancora lui) e proposta a Mary Hopkin per la etichetta discografica dei Beatles, non parlava di una storia d'amore, ma di amicizia. Di amicizia tra uomini all'origine, visto che Ruskin è un uomo (molto fortunato grazie a questa canzone) ma poi diventata tra donne nella interpretazione della cantante gallese. E le due amiche nelle serate al pub progettavano la loro vita futura, la riempivano di sogni, che tali non apparivano grazie alla forza e all'incoscienza della gioventù, la vita e gli anni chiedono il loro prezzo, ma oltre che l'abbandono alla malinconia esiste anche l'opzione di non arrendersi mai: |
Tanto tempo fa c'era un pub |
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(1) Co-autore dei primi
successi di Celentano, “24000 baci” e “Il ragazzo della via Gluck” (3) Il brano dei Moody Blues era stato proposto, prima dei Nomadi, dai Profeti, con lo stesso testo; dopo il successo dei Nomadi altre versioni sono arrivate dai Bit-Nik e dai Gatti Rossi; Dalida ne ha proposto una versione con testo e titolo diversi (Un po' d'amore). Revisioni: 2002 - 2003 - Maggio 2004 - Settembre 2004 - 2008 - Gennaio 2009 (Note FFC) - Agosto 2011 (aggiornamenti Flora Fauna e Cemento) - Novembre 2012 (Due nuove cover adulterate: Prendi la chitarra e vai e La fine del libro) - Settembre 2014 (Le cover dei Beatles) - Settembre 2015 (Il dubbio e Quelli eran giorni). |
© Alberto Maurizio Truffi 2001-2015 |
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